La F1 di oggi è sempre più lontana da quella romantica di un tempo. La testimonianza dell’ex è davvero straziante.
Riavvolgendo il nastro del Circus si arriva all’epoca in cui chi aveva buona volontà e magari poco denaro a disposizione, riusciva comunque a partecipare e a raccogliere buoni risultati. Erano gli anni ’70, anni trionfali in molti ambiti che sapevano trasformare i sogni in realtà.
L’attualità invece impone che siano solo i big a partecipare e ad emergere, ossia i grossi costruttori o chi come Red Bull ha alle spalle una massiccia quantità di denaro. Le favole non sono più all’ordine del giorno e neppure sono bene accette. A darcene una dimostrazione è la campagna contro orchestrata dalle dieci scuderie attualmente in griglia all’eventuale entrata di Michael Andretti con un suo team.
Per una volta tutte o quasi le protagoniste del campionato si sono unite per evitare l’innesto di un cognome che potrebbe portare sì la storia del motorsport, ma non altri soldi alla serie e marketing utile per la vendita delle auto. A fronte di questo dato di fatto, è facile comprendere che se Frank Williams fosse stato interessato ad un ingresso nella top class dell’automobilismo adesso, avrebbe ricevuto il due di picche.
Un addio doloroso alla F1, com’è andata davvero
E pensare che nonostante in mano nel 1976 avesse solo un desiderio e tante capacità, il manager britannico scomparso nel 2021 era riuscito a garantire all’omonima equipe nove Mondiali marche e sette piloti con Alan Jones, Keke Rosberg, Nelson Piquet, Nigel Mansell, Alain Prost, Damon Hill e Jacques Villeneuve. Il tutto infarcito da 114 successi di gara, 128 partenze al palo, 33 doppiette e 313 podi. Numeri pazzeschi raggiunti perlopiù tra gli anni ’80 e ’90.
L’ultima occasione che la compagine di Grove si è piazzata in vetta al gruppo in occasione di un evento è stato il GP di Spagna del 2012 con Pastor Maldonado. Da lì in avanti il nulla cosmico, fino al secondo posto artigliato da George Russell in un assurdo round del Belgio ridotto ad un paio di giri sotto Safety Car a causa del forte maltempo.
L’annata successiva sarà quella della promozione della figlia del patron Claire a vice-boss per via delle precarie condizioni di salute del padre. Un passo falso che porterà la squadra a scivolare sempre più indietro alle prese con una cronica mancanza di performance della monoposto e con problemi economici sempre più allarmanti.
Nel 2020 l'”erede” in accordo con il genitore accetterà di cedere per 152 milioni di dollari l’impresa di famiglia al fondo americano Dorilton Capital. Una mossa definitiva, quasi dettata dalla disperazione per il rischio via via più concreto del fallimento, che ha tuttavia lasciato delle cicatrici.
“Non guardo più la F1“, ha confessato la 46enne di Windsor in una recente intervista al The Sun.”Pur avendo venduto nella piena consapevolezza, non mi sono ancora ripresa. Dentro provo un vuoto enorme. Purtroppo però abbiamo dovuto scegliere quella strada“.
Dopo aver confessato di soffrire nel vedere al vertice del box qualcuno di esterno, si è rallegrata comunque per la presenza ancora sullo schieramento di quello che è stato il progetto del papà.