Per la presentazione del progetto E.V.A. non c’era miglior posto che il Volvo Studio di Milano, un luogo dove vivere dibattiti e discussioni che uniscano realtà diverse. Volvo ha approfittato di questa stimolante location per parlare della sicurezza delle auto del futuro ma soprattutto di questo progetto molto particolare, che vede la condivisione delle informazioni come base chiave per raggiungere un mondo migliore.
Uno dei tanti traguardi raggiunti nel mondo automobilistico, in termini di sicurezza, è l’adozione delle cinture di sicurezza con attacco a tre punti. Molti però non sanno che fu proprio Volvo, nel lontano 1959, a pensarle e portarle per la prima volta sulle auto. Con un occhio puntato molto in avanti e con una coscienza sociale molto spinta, che in un certo senso ha messo gli interessi dell’umanità avanti agli interessi meramente economici, Volvo non brevettò mai questa invenzione. Anzi la diffuse e la condivise con tutti gli altri brand presenti sul mercato, proprio per cercare di creare una sorta di “sicurezza di base” garantita. Questa idea è la stessa che troviamo alla base del progetto E.V.A., un acronimo che vuol dire Equal Vehicle for All.
Di fatto Volvo ha mosso un passo importante con questo progetto, perchè ha deciso di rendere pubblica e condividere con tutti gli altri Costruttori automobilistici la propria libreria in fatto di ricerca per la sicurezza. Tutti i dati che Volvo stessa ha raccolto nel corso degli ultimi decenni, arrivati da molteplici fonti come l’analisi di incidenti reali oppure una simulazione avanzata, verranno messi a disposizione di ogni brand, così che possano essere usati per render ele auto più sicure. Alla base c’è la volontà di creare auto più sicure per tutti, non limitandosi solo a brand che abbiano un potere economico, di ricerca e interesse superiore verso queste tematiche. La vita delle persone è al centro delle intenzioni, tanto che Volvo continua a perseguire anche il suo obiettivo di azzerare i morti per incidenti stradali con una Volvo entro il 2020. Ma il progetto E.V.A. ha anche un dualismo intrinseco al suo interno: se da un lato richiama l’acronimo stesso, dall’altro è un chiaro riferimento ad un nome femminile. L’accostamento non è di certo casuale, perchè Volvo stessa ha evidenziato come il fisico femminile, notoriamente meno resistente agli urti rispetto al corpo maschile, sia più incline a lesioni gravi o mortali a valle di un incidente. Questa cosa Volvo l’ha anche simulata, perchè nel tempo ha creato dei modelli virtuali grazie ai quali simulare crash test nelle più svariate condizioni, sfruttando ovviamente una potenza di calcolo molto più spinta rispetto a decenni fa, ma soprattutto con “persone” molto diverse tra loro. In effetti oggi i crash test nella realtà si conducono con dei manichini che sono normati, che rispecchiano una serie di parametri e caratterizzano una classica famiglia con padre, madre e due figli di età diversa. Purtroppo la realtà è decisamente più complessa di così, quindi Volvo ha sviluppato l’idea di questi crash test virtuali, grazie ai quali ha raccolto dati su eventuali impatti subiti da donne incinte, da persone anziane, da bambini, da uomini e donne dalle più svariate fisicità. In questo modo ha creato un database più “vero” dal quale attingere, che adesso ha deciso di rendere libero.
Ma poichè la ricerca non deve fermarsi mai, Volvo ha proposto anche una serie di idee per rendere ancora più sicure le sue auto negli anni a venire. Recente è la dichiarazione del brand di voler limitare la velocità massima delle proprie auto a 180 km/h, velocità ben più alta anche dei limiti concessi su strade pubbliche (Autobahn a parte….), mentre attraverso il geofencing può anche decidere di agire in modo dinamico sulla vettura. Quando si è nei pressi di una scuola o un ospedale, ad esempio, l’auto può limitare in autonomia le prestazioni per poi ripristinarle una volta che ci si è allontanati. Con un occhio puntato al car sharing, invece, l’idea di Volvo è quella di mettere in campo la Care Key, una chiave che può limitare ancora di più la velocità massima raggiungibile: sarebbe utile sia, appunto, al car sharing sia ad una condivisione dell’auto all’interno del nucleo familiare, con figli neopatentati per i quali si potrebbe volontariamente impostare una velocità più bassa.
Ciò che ci aspetta nel futuro è dunque un salto generazionale importante, che dovrebbe trovare il suo spazio nel giro di pochi anni e nei confronti del quale ci dobbiamo preparare. Certo un giorno arriverà anche la guida autonoma, ma per come stanno adesso le cose è ancora lontana dato che non dipende solo dalle auto in quanto tali.