In autostrada troviamo sempre più spesso i famosi tutor, per controllare la nostra velocità media su vasti tratti. Ma come funzionano realmente?
Rispetto ai consueti autovelox i dispositivi tutor hanno un funzionamento diverso, che lascia meno possibilità agli automobilisti di infrangere i limiti presenti. In molti però non hanno ben capito come effettivamente agiscono nello specifico.
Lunghi viaggi in autostrada, esodi per le vacanze e rientri segnati da bollini neri. In questo periodo dell’anno moltissimi automobilisti si ritrovano sulle arterie ad alta percorrenza del nostro Paese per trascorrere gli ultimi scampoli di estate. Nonostante il prezzo dei carburanti alle stelle (e dei pedaggi), il trasporto autonomo su gomma resta comunque l’opzione più economica per spostarsi.
Ovviamente a questo bisogna fare in modo di non sommare i soldi relativi a multe e contravvenzioni. Il rischio principale quando ci si mette alla guida in autostrada è ovviamente quello di superare i limiti di velocità, andando incontro a cifre salatissime da saldare (oltre alla perdita dei punti sulla patente). Nel corso degli anni gli autovelox hanno assunto contorni sempre più sofisticati, in grado di rilevare non solo la velocità ma anche i comportamenti all’interno dell’abitacolo (cinture, smartphone, etc…).
Da qualche anno, alle solite macchinette laser puntate in una zona di controllo, si sono aggiunti anche i cosiddetti tutor. Creati da Autostrade per l’Italia e omologati grazie al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, hanno la sigla ufficiale di SICVe-PM. Sono in grado di calcolare la percorrenza media di un tratto di strada, con due punti di rilevamento.
Il concetto alla base del tutor è quindi completamente diverso rispetto a quello dell’autovelox. Non è inusuale vedere ancora oggi persone che rallentano in corrispondenza della telecamera del dispositivo di controllo, quasi come fosse quello il punto in cui viene rilevata la velocità.
In realtà con il tutor conta solamente la media di percorrenza che stiamo tenendo che deve essere all’interno dei limiti previsti. Paradossalmente possiamo anche superare i 130 km/h per una breve tratto se poi procediamo al di sotto del limite stesso per un tratto seguente.
Il primo sensore scatta una foto al mezzo segnando orario del passaggio, categoria del mezzo e data, poi la stessa cosa avviene nel punto B. Incrociando i dati, il software centrale calcola i tempi di percorrenza e quindi la velocità media tenuta. Una volta che viene riscontrata l’infrazione, il tutor è in grado di confrontare la targa fotografata con gli archivi della Motorizzazione civile, non lasciando scampo al proprietario del veicolo.
L’infrazione viene accertata dalla Polizia Stradale che procede alla stampa del verbale. Un sistema infallibile e che non lascia scampo al cittadino che commette infrazione. Va precisato come le telecamere del tutor siano in grado di rilevare anche le auto che viaggiano nella corsia di emergenza, oltre a percepire anche il passaggio in diagonale o a cavallo delle corsie (cosa inutile da fare).