Un milione di italiani sta per ricevere una brutta sorpresa. Chi usa un’auto aziendale dovrà fare i conti con un salasso che nessuno si aspettava.
Il mondo dell’auto sta attraversando un periodo complicato, tra costi alle stelle e un mercato che fatica a riprendersi. Come se non bastasse, ora arriva una doccia fredda che rischia di mandare in tilt un intero settore. La legge di Bilancio 2025 nasconde infatti una vera mina vagante: un aumento delle tasse sulle auto aziendali che farà male, molto male, alle tasche dei lavoratori.
E pensare che proprio le auto aziendali sono state negli ultimi anni un’ancora di salvezza per il mercato automobilistico, rappresentando quasi la metà delle nuove immatricolazioni. Ma questa volta il colpo potrebbe essere davvero duro da assorbire.
La stangata improvvisa e senza preavviso
Parliamo dei fringe benefit, quei benefit aziendali che vanno a integrare lo stipendio. La novità fa venire i brividi: dal primo gennaio 2025, il calcolo del valore imponibile delle auto aziendali raddoppia, passando dal 25% al 50%. Tradotto in soldoni? Un salasso medio di 1.600 euro all’anno per ogni dipendente. Un aumento del 67% che arriva come un pugno nello stomaco.
Certo, il governo ha pensato di alleggerire il carico per chi sceglie auto più ecologiche. Chi opta per un’elettrica pura pagherà solo il 10%, mentre per le ibride plug-in la percentuale sale al 20%. Ma non illudiamoci: questa mossa rischia di essere un boomerang. Gli esperti del settore prevedono un crollo verticale delle vendite. Si parla di 60.000 auto in meno nel noleggio a lungo termine e altre 15.000 mancate vendite alle aziende. Un vero disastro.
La beffa è che questa manovra, pensata per spingere verso auto più pulite, potrebbe ottenere l’effetto contrario. Con meno soldi in tasca, le aziende terranno più a lungo le auto vecchie, quelle che inquinano di più. E non è finita qui: lo Stato ci rimetterà pure, con 125 milioni di euro di mancate entrate nel 2025.
A pagare il conto più salato saranno come sempre i lavoratori con stipendi normali, quelli che l’auto aziendale la usano davvero per lavorare e non per fare bella figura. Il settore, tramite l’associazione Aniasa, sta cercando di far ragionare il governo. La richiesta è semplice: spalmare l’aumento su più anni, dare tempo alle aziende e ai lavoratori di adattarsi. Perché cambiare si può, ma serve gradualità. Altrimenti il rischio è di far deragliare un treno che, bene o male, stava ancora correndo sui binari.
La speranza è che qualcuno in Parlamento capisca che questa non è la strada giusta. Non si può pretendere di far diventare tutti più “green” a suon di stangate fiscali. Servono incentivi, non bastonate. E soprattutto serve buon senso, quello che sembra mancare in questa manovra che rischia di far male a tutti: lavoratori, aziende e pure all’ambiente.