Dagli anni ’80 a oggi el repliche delle motor sportive hanno sempre occupato un posto speciale, ma Suzuki GSX-R 750 è unica
Italia contro Giappone, una sfida eterna almeno nel mondo delle moto. Un testa a testa che si è consumato per anni in pista, ma poi si è trasportato anche su strada, con alcuni modelli che sono rimasti leggendari. Anche oggi che sono ormai fuori produzione per il pubblico restano icone, come la Suzuki GSX-R 750.
Non è per essere sempre e solo legati al passato, ma in effetti moto come queste non se ne vedono più anche se oggi i modelli stradali sono sempre più simili a quelli da corsa. La GSX-R 750 in effetti però fin dalla sua prima generazione aveva aperto questa strada e non l’ha più chiusa. Ora che ha terminato la sua produzione resta comunque una delle più amate in assoluto da parte del pubblico e ti spiego i motivi.
Quello a metà degli anni ’80 è stato un periodo floridissimo per la produzione di modelli che hanno aperto una nuova dimensione. Fino ad allora infatti le moto sportive avevano un pubblico di nicchia che poco alla volta è diventato sempre maggiore.
Il merito va soprattutto ai quattro marchi giapponesi, ognuno con la sua stella. Se Suzuki aveva la GSX-R 750, Honda rispondeva con la VFR750R V4, Yamaha con la FZR1000 e Kawasaki con la GPZ900R, quella che poi è diventata la Ninja.
Una ventata di modernità in un mondo che stava cambiando anche per la produzione di serie e la Suzuki è stata tra le prime a capire un mercato in piena evoluzione. Così era nata una sfida, quella di postare la pista in strada e viceversa.
Il primo modello fu presentato nel 1984 al Salone di Colonia e arrivò sul mercato nel marzo dell’anno successivo. Il concetto era molto chiaro: mettere nelle mani del pubblico una moto che fosse l’esatta replica di quelle che gareggiavano nel mondiale o nelle altre categorie, come il campionato statunitense. Non era ancora nato il campionato Superbike, arrivato tre anni dopo, e per questo era una vera rivoluzione.
Suzuki GSX-R 750, una lunga storia cominciata nel 1985: soluzioni innovative
La prima generazione della Suzuki GSX-R 750 presentava un motore con raffreddamento misto aria/olio, basato sul sistema SACS (Suzuki Advanced Cooling System). Si trattava di un quadricilindrico di 749 cc con distribuzione a 16 valvole e cambio da 6 rapporti per 106 CV di potenza a 10.500 giri. Tutto questo portava a prestazioni da urlo: 235 km/h di velocità massima e 11,2 secondi per percorrere 400 metri.
Una scelta diversa rispetto alla concorrenza. Yamaha FZ750 presentava cinque valvole per cilindro mentre la VFR750R Interceptor di Honda era spinta da un V4 raffreddato a liquido. In compenso qui la ciclistica presentava un telaio in alluminio, oltre 8 kg in meno di quelli considerati più leggeri, e una forcella telescopica regolabile. In più il sistema di aspirazione DAIS (Direct Air Intake System) e la frizione idraulica.
Dopo il debutto del 1985, nel 1988 fu lanciato un modello aggiornato: la vera novità era un telaio fuso che sostituiva i tubi saldati. Le ruote passarono da 18 a 17 pollici, con pneumatici 120/70 davanti e 160/60 dietro. Inoltre gli scarichi diventarono due e la potenza salì a 12 CV a 11.000 giri per una coppia massima di 68 Nm erogati già a 7.000 giri.
Nel 1990 l’ultimo modello di punta della seconda generazione, forse la miglior versione con raffreddamento aria-olio. Montava una nuova forcella a steli rovesciati e un motore “a corsa lunga” da 115 CV, sempre a 11.000 giri.
Nel 1992 poi la terza generazione è stata tirata proponendo un motore più potente, raffreddato a liquido, senza un aumento di peso. Di fatto quindi andò in pensione su questo modello il sistema SACS e la potenza salì a 118 CV, a 11.500 giri, per una coppia di 73 Nm a 8.500 giri. La velocità massima era di 260 km/h, percorreva 400 metri in 10,7 secondi per un consumo medio 14 km/litro.
Le nuove generazioni di Suzuki GSX-R 750: ancora oggi tante soluzioni all’avanguardia
Due anni dopo, nel 1994, la quarta generazione abbassò ancora il peso portandolo sotto i 200 kg, ma solo un paio di anni dopo arrivarono grandi cambiamenti, incluso il sistema di induzione SRAD (cioé Suzuki Ram Air Direct).
La carena aveva un’estetica molto simile alla RGV500 del ’95 di Kevin Schwantz nel Motomondiale, con il peso che scendeva fino a 179 kg per una potenza di 130 CV a 11.500 giri. Il nuovo quadricilindrico Suzuki montava il sistema SCEM (Silicon Carbide Electro-Plate) e il serbatoio era di soli 18 litri.
La sesta generazione ha debuttato nel 2000 e molti la considerano una delle più belle moto sportive di sempre. Un motore ancora una volta ridisegnato, un telaio più leggero e prestazioni migliorate. In pratica le dimensioni e il peso si avvicinavano alla più piccola GSX-R 600 ma la potenza era vicina paragonabile alle Superbike da 1.000 cc.
L’ultimo restyling è quello del 2011 con la settima generazione rimasta immutata ancora oggi. Un nuovo telaio e carrozzeria, un motore ottimizzato e la giusta tecnologia. Le sospensioni sono regolabili con forcelle Showa, i freni dell’italiana Brembo , non ha perso la sua anima sportiva. Ecco perché per molti è e rimarrà inimitabile.