Un brivido corre lungo la schiena dell’industria automobilistica italiana. Salta l’accordo. Nell’aria c’è odore di guai.
Sembrava un giorno come tanti altri. Poi, all’improvviso, la bomba. Stellantis ha deciso di tagliare i ponti. Una mossa che nessuno si aspettava, ma che ora rischia di mandare in tilt un intero settore. Che succede? Perché questa decisione così drastica? Le voci si rincorrono, ma una cosa è certa: il Natale, per molte famiglie, sarà tutt’altro che felice quest’anno.
Pensate un po’: tanti lavoratori, da un giorno all’altro, si ritrovano con una mano davanti e l’altra dietro. E non è finita qui. Altri 20, tra Logitech e Tecnoservice, sono sulla stessa barca. In tutto, 110 persone che rischiano di trovarsi senza un lavoro. Un vero disastro, come urlano a gran voce i sindacati.
Il grido d’allarme dei lavoratori
L’accordo che salta è quello con Transnova, importante azienda dell’indotto: 90 licenziamenti in vista. Ma la tempesta non si ferma. Anche la De Vizia ha fatto la sua parte: 32 lettere di licenziamento già partite. Insomma, un quadro che fa venire i brividi. Lunedì mattina, davanti ai cancelli della fabbrica, sarà il caos. I lavoratori, con la rabbia in corpo e la paura negli occhi, si raduneranno per far sentire la loro voce. Una protesta pacifica, certo, ma carica di disperazione.
Gennaro D’Avino, il segretario provinciale della Uilm, ha la faccia di chi ha ricevuto una mazzata in testa. “La comunicazione è arrivata venerdì scorso”, dice con un filo di voce. “Un fulmine a ciel sereno”. E la Fiom? Non le mandano a dire. Mauro Cristiani e Mario Di Costanzo, i leader del sindacato a Napoli, puntano il dito contro Stellantis. “Disprezzo per i lavoratori italiani”, tuonano. E poi lanciano l’accusa più pesante: “Vogliono smantellare l’industria automobilistica in Italia”.
Ma guarda caso, dicono, questa mossa arriva proprio nel giorno dello sciopero generale di Cgil e Uil. Coincidenze? Loro non ci credono. La situazione è tesa come una corda di violino. I sindacati promettono battaglia. “Faremo di tutto”, giurano. Appelli alle istituzioni, pressioni sui politici locali, proteste. Tutto pur di far cambiare idea a Stellantis.
Perché, dicono, non è solo questione di posti di lavoro. È in gioco il futuro di un’intera regione. Se l’industria automobilistica crolla, crolla tutto il resto. Un effetto domino che fa paura solo a pensarci. E allora, che si fa? Si lotta, dicono i sindacati. Si cerca di far capire a Stellantis che questa decisione è un autogol. Che tagliare ora significa perdere domani. Che dietro quei 110 nomi ci sono 110 famiglie, 110 storie, 110 futuri a rischio.
La battaglia sarà dura, nessuno si fa illusioni. Ma l’alternativa è arrendersi. E questo, per chi ha passato una vita in fabbrica, non è nemmeno da prendere in considerazione. Intanto, il tempo scorre. Il 31 dicembre si avvicina, e con esso la scadenza dell’appalto. Ogni giorno che passa è un giorno in meno per trovare una soluzione.
C’è chi spera in un miracolo dell’ultimo minuto. Chi invece si prepara al peggio, cercando già alternative. E chi, semplicemente, non sa cosa fare. Una cosa è certa: il settore automobilistico italiano è a un bivio. Da una parte, la strada della ristrutturazione, dolorosa ma forse necessaria. Dall’altra, il rischio di un declino inarrestabile. La partita è aperta. E tutti, volenti o nolenti, siamo in campo.