Riportare dei danni all’auto potrebbe sembrare una cosa facilmente risolvibile, ma se il conto è a dir poco salato, allora tutto cambia.
Il tema è rimbalzato agli onori delle cronache dopo che il cambiamento climatico ha sconvolto le nostre stagioni. In particolare negli ultimi mesi siamo passati da avere zone affaticate e soffocate dal caldo torrido, ad altre rase al suolo o quasi da nubifragi e violente grandinate. Chiaramente tra le vittime degli eventi estremi ci sono le macchine, soprattutto quelle parcheggiate in strada, ma anche quelle nei cortili privati non hanno vita migliore.
Stando a qualche testimonianza diffusa sui vari media, portati i relitti in officina la risposta è stata che la riparazione era più onerosa del valore del mezzo stesso. Una sentenza, questa, che ha portato molti automobilisti a chiedersi cosa fosse meglio fare se buttare via tutto, o assumersi l’onere di tirare fuori parecchio denaro perché affezionati alla propria vettura.
Non c’è dubbio che un interrogativo analogo se lo sia posto pure un uomo, di cognome Westberg, noto per essere un imprenditore dell’Assia, precisamente di Bad Hamburg. Il motivo ve lo spiegheremo di seguito.
Preventivo auto da brividi, la decisione del proprietario
A riportarlo è la rivista tedesca Auto Bild. Il signore in questione, in possesso di una vettura ad idrogeno, una Hyundai ix 35, si è recato dal suo meccanico fiducia per farla controllare avendo accusato dei problemi. E fin qui tutto bene. Peccato che quando si è recato in sede per il ritiro, la somma richiesta dall’addetto sia stata da svenimento.
Acquistato sette anni prima, il SUV aveva coperto 84mila km senza incontrare alcun intoppo. Poi invece si è rotto qualcosa e per il proprietario è stato impossibile non mandarlo in riparazione. Seppur preparato a spendere, mai però si sarebbe potuto immagina che per rimettergliela a nuovo l’operatore gli avrebbe domandato la bellezza di 103.764,17 euro.
Ma per quale ragione la cifra per la sistemazione si è rivelata tanto elevata? La risposta legata alla sofisticata tecnologia, ormai soppianta, utilizzata per la costruzione. Il modello al centro della vicenda è stato uno dei primi con questo genere di alimentazione, la cui componente principale è la cella a combustibile. Il suo funzionamento avviene così: l’idrogeno conservato al suo interno si combina con l’ossigeno dell’aria. Tale mix crea poi l’acqua ed l’elettricità che permettono al motore di attivarsi.
Tra i punti di forza ci sono la grande reattività in accelerazione, la silenziosità e la capacità di percorre fino a 500 km prima di dover effettuare la sosta. Un insieme di caratteristiche che aveva convinto il manager a fare l’investimento, certo che avrebbe fatto un affare rispetto all’acquisto di un mezzo a combustione interna.
“Prima avevo una Toyota Prius Plug-In, ma la sua autonomia in elettrico era troppo ridotta, perciò nel 2015 avevo preso la Hyundai“, il suo racconto. Dal canto suo il costruttore stesso lo ha scoraggiato dal proseguire nell’operazione, in quanto priva di senso sotto il profilo economico. Troppo elevato lo sforzo richiesto, benché comunque si stia parlando di un’auto rara e realizzata in pochi esemplari.