Entrare a far parte del mondo della F1 non è per nulla semplice e soprattutto non tutte le Scuderie sembrano essere pronte per questo salto.
Per poter gareggiare in F1 è innegabile il fatto che sia fondamentale avere un sostanzioso fondo economico per gestire le spese. Questa infatti è la più importante competizione a livello internazionale e solo l’eccellenza assoluta ha modo di prendervi parte.
Sappiamo bene però come non tutte le Scuderie riescano ad approcciarsi al mondo delle corse nello stesso modo. Già oggi vediamo una Red Bull nettamente superiore rispetto alla concorrenza e anche in passato non sono di certo mancate le “Scuderie materasso”.
La Haas del 2021 è stata forse l’ultima vera Scuderia colabrodo, incapace di andare mai nemmeno lontanamente vicina alla zona punti. Ora la situazione, grazie anche a delle monoposto sempre più pesanti e con l’effetto suolo, hanno fatto sì che le distanze siano diventate meno evidenti.
Oggi non abbiamo più una Scuderia che già in partenza sa già che chiuderà all’ultimo e al penultimo posto. Questo ovviamente è un bene, ma fa capire ancora di più come le prime dieci del mondo siano di una categoria decisamente superiore.
In passato era più semplice entrare a far parte del mondo della F1, anche perché nessuno limitava il numero solo a 10 Scuderie. Le qualifiche infatti si chiamavano così non solo per stabilire la griglia di partenza, ma anche e soprattutto per poter capire chi avrebbe preso parte alla gara della domenica.
Sono diverse le Scuderie che, soprattutto tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90, hanno cercato la clamorosa scalata verso il successo. Una di queste è stata però il più incredibile flop della storia e nessuna ha mai ottenuto certi risultati.
Se c’è una Scuderia che merita la definizione di “peggior Scuderia di sempre nella storia della F1“, quella è la Life Racing. Si tratta di una Scuderia italiana, fondata da Ernesto Vita e l’idea di dare vita a questo Team nacque nel 1989, anno in cui la F1 vietò la sovralimentazione, ma entrò nel Mondiale l’anno seguente.
Un cambiamento che dunque diede modo alle monoposto di tornare con i vecchi motori aspirati, una novità che fu accolta con gioia dalle piccole Scuderie. La Life Racing era convinta di avere tra le mani la rivoluzione vincente che l’avrebbe fatta entrare nella storia.
Il motore da utilizzare non sarebbe stato il classico V12, ma bensì il W12, ovvero più corto rispetto a quello classico e che avrebbe dovuto così dare più compattezza all’auto. La scelta fu però un disastro, tanto è vero che l’auto era in grado di erogare solo 480 cavalli e le qualifiche furono un fallimento su tutta la linea.
Per le prime due gare venne chiamato Gary Brabham, il figlio del mitico Jack tre volte campione del mondo, ma i suoi tempi furono un disastro. Negli Stati Uniti per qualificarsi l’ultimo tempo utile fu della Larrousse di Suzuki con 1:33.331, mentre Brabham ottenne solo un 2:07.147.
Dopo due gare lasciò il posto a Bruno Giacomelli, ma le cose andarono sempre peggio. L’ultima volta che la Life Racing scese in pista fu in occasione del GP di Spagna del 1990 e nelle pre qualifiche l’italiano totalizzò un tempo di oltre 20 secondi in meno rispetto alla AGS di Dalmas. Fu un disastro su tutta la linea ed è normale come l’esperienza durò solo un anno.