Una belva che rompe ogni schema del marchio low cost, pronta a ruggire sui percorsi più impegnativi del mondo.
Dimenticate tutto quello che sapete sulla Dacia. Il marchio delle auto economiche ha tirato fuori dal cilindro una sorpresa che lascia a bocca aperta. La Sandrider è arrivata come un fulmine nel mondo dei rally raid, e ha già fatto parlare di sé al Rally del Marocco. Una doppietta storica, con Al-Attiyah primo e Loeb secondo.
Niente male per un debutto. Ma non è solo questione di risultati: questa vettura rappresenta un cambio di rotta totale, come quando un pittore abbandona il suo stile abituale per esplorare territori completamente nuovi. La Sandrider non ha nulla a che vedere con le Duster e le Sandero che siamo abituati a vedere per strada. È un concentrato di tecnologia pensato per un unico scopo: dominare le dune.
Il segreto di questa creatura del deserto sta nella sua essenzialità. Come un atleta che si libera di ogni peso superfluo, la Sandrider ha seguito una dieta ferrea: 15 chili in meno rispetto ai rivali. Niente fronzoli, niente orpelli. Solo quello che serve per correre veloce e resistere alle torture della Dakar. Il telaio tubolare è un capolavoro di leggerezza, mentre la carrozzeria in fibra di carbonio avvolge il tutto come una seconda pelle.
Sotto il cofano batte un cuore possente: un V6 da 360 cavalli che sprigiona la sua potenza proprio quando serve, a regimi medi. Non serve urlare a 8000 giri quando attraversi le dune. Serve coppia, serve spinta, serve affidabilità. E questo motore le ha tutte. Lo hanno piazzato in posizione centrale anteriore, come il cuore in un corpo atletico, per bilanciare alla perfezione i pesi.
La vera magia sta nei dettagli. Hanno pensato a tutto, persino a come non perdere i bulloni delle ruote nella sabbia durante i cambi gomme, con un sistema magnetico che sembra uscito da un film di spionaggio. L’abitacolo resta fresco grazie a un filtro anti-infrarossi nascosto nei pannelli, mentre un impianto elettrico a 48 Volt garantisce energia a volontà per tutti i sistemi di bordo.
E poi c’è la questione del carburante. Niente benzina tradizionale, ma un combustibile sintetico che sa di futuro: idrogeno rinnovabile mescolato con CO2 catturata dall’aria. Come dire che anche nel deserto si può pensare all’ambiente. La Sandrider è più corta di una Duster stradale, eppure monta pneumatici da 37 pollici che sembrano usciti da un film di fantascienza.
Al volante si alterneranno piloti che hanno scritto la storia dei rally: cinque vittorie alla Dakar e diciannove titoli mondiali messi insieme. Come affidare un’opera d’arte a maestri del pennello. La Dakar 2025 sarà il palcoscenico perfetto per questa rivoluzione su ruote. Una rivoluzione che dimostra come anche un marchio nato per produrre auto economiche possa sognare in grande e, soprattutto, vincere.