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Mini Minor: la storia di un mito che festeggia 55 anni [FOTO]

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Ripercorriamo la storia della Mini Minor in questo articolo, per festeggiare l’utilitaria inglese a modo nostro. Oggi la conosciamo come una utilitaria modaiola e sportivetta, con un prezzo decisamente impegnativo per la sua categoria. Ma la “vera” Mini è la storica vettura che è stata prodotta dal 1959 in Gran Bretagna e importata in Italia dalla Innocenti di Milano nel periodo tra il 1965 e il 1975. Queste versioni Mini Minor Innocenti, avevano alcune differenze rispetto alle versioni inglesi. Gli interni si presentavano più accessoriati e rifiniti meglio, inoltre molti particolari, sia fuori che dentro, sono stati prodotti da aziende italiane. Anche per la parte meccanica sono state fatte delle scelte diverse dall’originale, come per quanto riguarda l’utilizzo del servofreno su tutti i modelli Cooper indipendentemente dalla cilindrata.

Mini: gli inizi del mito

Nel 1957 in Gran Bretagna venne chiesto dalla BMC, la British Motor Corporation, ad Alec Issigonis di progettare un’utilitaria economica. Il tecnico studiò varie ipotesi e poi lavorò per assemblare una vettura che fosse lunga tre metri e larga uno, ma che fosse comunque in grado di far sedere comodamente quattro persone a bordo. Per ridurre lo spazio e rimanere nei tre metri che erano stati previsti, Issigonis pensò di inserire il motore frontalmente e, per non occupare ulteriore spazio nell’abitacolo, fu utilizzata la trazione anteriore. Il propulsore era il vecchio BMCA, 848 cm³, alimentazione a carburatore e potenza di 34 CV. Dopo la realizzazione prototipo, che fu accolto favorevolmente dai vertici dell’azienda automobilistica inglese, iniziò la produzione in serie. E così la Mini Minor venne presentata al pubblico per la prima volta il 26 Agosto 1959, in Inghilterra. L’auto era venduta con due marchi, Austin e Morris, e con due denominazioni differenti: Austin Seven e Morris Mini-Minor, proposte nelle versioni standard e De Luxe. Il successo non fu immediato, richiese un po’ di abitudine alle sue forme particolari, ma fece in modo che la vettura arrivasse anche in Italia, soprattutto dopo le vittorie delle Mini che erano state elaborate da John Cooper. Per gli Italiani però il prezzo era troppo elevato a causa del sovraprezzo dovuto all’importazione, che rendeva davvero impegnativo l’acquisto dell’auto. La Mini era così diventata una vettura da ricchi e non tutti gli italiani se la potevano permettere, nonostante piacesse molto. A quel punto la Innocenti ebbe l’intuizione giusta e fece in modo che per molti il sogno potesse diventare realtà concreta. Avendo avuto accordi in precedenza con la casa inglese per la produzione in Italia di un altro modello Austin, ottenne anche la licenza per produrre nel nostro Paese le Mini. La costruzione dei primi esemplari venne avviata nel settembre del 1965 a Milano, negli stabilimenti di Lambrate. Il successo fu enorme e la Mini non divenne solo un’auto, ma un vero e proprio fenomeno di costume.

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Mini: i modelli prodotti

Il primo modello in produzione fu la Mini Minor 850, mentre nel 1960 sarebbe arrivata la sua variante familiare, contraddistinta dai tipici profili laterali in legno. Si trattava delle Austin Seven Countryman e Morris Mini Minor Traveller. Dall’anno successivo le giardinette vennero vendute anche senza listelli di legno. Ma nel 1961 la gamma si arricchì della nuova variante Cooper 1000, a marzo: la cilindrata aumentata ed i 2 carburatori consentivano di toccare i 55 CV, a cui si aggiungevano i freni a disco anteriori. L’accoppiata auto piccola-prestazioni brillanti fu vincente: la Mini Cooper, opportunamente elaborata da competizione, vinse nella sua classe il rally di Montecarlo del 1963 con il pilota Timo Mäkinen. Nel 1964 arrivano le sospensioni Hydrolastic per le versioni berlina (c’erano già sulle wagon) e nello stesso anno arrivò una versione ancora più potente. Si trattava della Mini Cooper S, versione equipaggiata del generoso 1071 cm³ da 70 CV.

Il 1967 fu l’anno in cui le Mini subirono dei cambiamenti estetici e anche delle prestazioni: era l’anno dell’arrivo della seconda serie, MK2. Esteticamente cambiava poco, con modeste novità alla mascherina anteriore, al lunotto ed ai fari posteriori. Con l’occasione arriva anche una nuova versione Super De Luxe, che montava il motore di 998 cm³ da 38 CV.

Mentre nel 1969 la British Leyland (il nuovo nome della BMC) decise di togliere la dobbia denominazione Austin e Morris e di rendere la Mini un vero e proprio marchio, all’inizio del 1970 le Mini italiane adottarono le stesse modifiche delle Mini inglesi caratterizzate dalla sigla MK3. A questo punto sparirono i vetri scorrevoli, che furono sostituiti dai vetri discendenti, e andarono via anche le cerniere delle portiere esterne, mentre all’interno migliorò l’aerazione. Arriva anche una versione di lusso, la Clubman, contraddistinta da un sostanzioso restyling estetico al frontale. Inoltre venne cambiata anche la gamma dei colori, mentre parlando di motori c’erano la Mini berlina con l’848 cm³ da 37 CV, la Clubman montava il 998 cm³ da 44 CV, la Cooper aveva il 1.0 da 55 CV e la Cooper S il 1.3 da 76 CV.

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Anni ’70 e ’80

Nella seconda metà del 1971 escono di scena le versioni Cooper, rimpiazzate dalla Mini Clubman GT, che era dotata del 1275 cm³ della Cooper S in versione monocarburatore da 58 CV di potenza. Nel 1976 tutte le Mini Clubman beneficiano di un ritocco alla mascherina, mentre per la Estate viene rimossa la decorazione in legno, rimpiazzata da una striscia adesiva in argento o bronzo. Da quel momento non viene più prodotta la Mini Traveller.

Ma la Mini Clubman berlina non era piaciuta molto, così la British Leyland nel 1976 modifica la Mini tradizionale e presenta la sua quarta serie (MK4). Piccole migliorie, come una nuova mascherina, nuovi rivestimenti interni ed una inedita strumentazione. Due allestimenti (base e Special) ed un solo motore 1.0 da 42 cavalli. Arriva, poi, nel 1979 una versione più economica City, equipaggiata del 848 cm³ da 37 CV.

Sul nascere degli anni Ottanta, nel 1980, la Clubman esce ufficialmente di scena rimpiazzata dalla Austin Metro. Nel 1982 va in pensione anche la Clubman Estate: con l’occasione si modificarono alcune cose nella gamma. La versione d’accesso era la Mini 1.0 E, poi c’era la Mini 1.0 HLE e la più ricca Mini Mayfair. Ulteriori novità arrivano nel 1984, quando il modello beneficia di freni a disco anteriori, nuovi rivestimenti per gli interni, carreggiate maggiorate e codolini in plastica sulle ruote. Per dare maggiore visibilità al modello, tra il 1985 ed il 1991 arrivarono varie versioni speciali (Mini 25, Mini Red Flame, Mini Red Hot, Mini Check Mate, Mini Studio 2, Mini Piccadilly, ecc.).

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Anni ’90, la fine del mito

All’inizio degli anni Novanta fu necessaria l’adozione di alcune modifiche al modello, compiute ad opera del Gruppo Rover. La scocca venne rinforzata per ragioni di sicurezza, così come il motore da 1.275 cc da 50 CV viene dotato di iniezione elettronica single point e marmitta catalitica per ridurne l’inquinamento. Fu re-introdotta sul mercato anche la versione Cooper, nel 1991, con il 1.275 prima a carburatore, poi ad iniezione singlepoint spi, da 63 CV.

La Rover introduce nel 1993 la curiosa Mini Cabriolet, dotata di un’estetica più sportiva e di un allestimento più ricco, mentre il motore era quello della Cooper. Nel 1996 viene presentata la versione celebrativa dei 35 anni, la Mini Cooper 35, mentre nel 1997, in seguito all’acquisto del Gruppo Rover da parte della BMW, arrivano altri aggiornamenti. Ci sono, ora, l’iniezione elettronica multipoint, l’airbag lato guida, le barre antintrusione nelle portiere, il pretensionatore per le cinture di sicurezza ed altre novità estetiche. La Mini dice addio al mercato nel 4 ottobre del 2000, con la versione speciale Final Edition.

La Mini italiana

In italia arriva anche la Minimatic, con il cambio automatico ed il motore della Cooper che era stato, però, depotenziato. A metà del 1971 furono aggiunti i deflettori alle portiere anteriori, mentre a novembre del 1971 fu aggiornata la Mini T, ora con i finestrini scorrevoli, e a febbraio del 1972 furono prodotte le Mini 1000 e Cooper 1300, che si unirono alle MK3. Considerato il successo la MK3 venne abbandonata e fu aggiunta una Mini 1001 più elegante. Nel 1972 le modifiche meccaniche alla Cooper fecero in modo che la potenza massima fosse di 71 CV e che la velocità massima arrivasse fino a 160 Km/h. Agli inizi del 1973 furono presentate le Mini Export, destinate al mercato europeo: questa serie era composta dalle Mini 1000, 1001 e Cooper 1300 con degli accorgimenti estetici e meccanica migliorata. Nel 1974 arrivò anche una Cooper Export, con colori e allestimenti particolari per cercare di resistere alla concorrenza che nel frattempo era diventata fortissima. Poco tempo dopo la Mini italiana terminò la produzione di tutti i vari modelli.

La British Leyland rilevò il settore auto Innocenti. Lambrate divenne così il centro di smistamento dei veicoli del gruppo British Leyland che erano diretti in Europa e nacque il nuovo marchio Leyland Innocenti. Durante questo periodo arrivarono sul mecato auto la Regent e la Mini 90 o Mini 120, evoluzione a 3 porte della Mini classica che aveva tutte le componenti della Mini inglese, ma con una carrozzeria rinnovata e moderna che fu realizzata da Nuccio Bertone. Nel 1976 la Leyland inglese in crisi e decise di dismettere lo stabilimento di Lambrate. Alejandro De Tomaso rilevò stabilimenti e marchio e con la nuova proprietà furono rimesse in produzione le Mini di Bertone. Nel 1980 arrivò la Mille, il primo restyling della Mini Bertone e prima utilitaria italiana con gli alzacristalli elettrici di serie. Nel 1982 fu il momento di un ritocco estetico delle Mini Bertone, mentre motori, cambi e sospensioni furono rinnovati con motori più attuali e cambi a 5 marce forniti dalla Daihatsu. Nacque cosi la Tre Cilindri, poi rinominata Mini Tre, disponibile in diverse versioni ed allestimenti. Restano impresse ancora oggi le versioni Matic, con cambio automatico, la Turbo De Tomaso, con un motore sovralimentato da un litro e la versione con l’aria condizionatana, unica tra le utilitarie del 1984. Il 1988 fu l’anno della Innocenti 500, disponibile in due livelli di allestimento con nuovo motore Daihatsu tre cilindri e cinque marce.

Tra il 1990 e il 1993 l’industriale De Tomaso cedette prima la Innocenti e poi la Maserati a Fiat. Nei primi anni Novanta, sotto la gestione Fiat, arrivarono varie versioni speciali Small 500 e Small 990. La Innocenti Small 500 SE fu quella che chiuse la produzione. La Mini Bertone uscì dalla produzione nel 1993, alla chiusura degli stabilimenti di Lambrate. Gli stabilimenti Innocenti di Lambrate oggi sono stati quasi tutti abbattuti e in quell’area è in costruzione un quartiere residenziale.

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