In pochi lo ricordano, ma anche la Francia ha avuto una sua Ferrari. Com’era e perché è stata dimenticata negli anni.
Quando pensiamo alla Ferrari la mente va sempre e solo a Maranello, oltre che al concetto di fabbricazione italiana. Ed invece negli anni ’70 dall’altra parte delle Alpi decisero di replicarne le forme con l’obiettivo di ottenere lo stesso successo. Se ci riuscirono lo scoprirete leggendo, intanto cominciamo a raccontarvi la storia, che ben fa capire le ragioni di questo tentativo.
E’ quasi superfluo dire che la Rossa sia sinonimo di prestazioni di alto livello, bellezza estetica ed eleganza. Per garantire questo tris di ingredienti è ovviamente necessario investire molto, ne consegue che anche il prezzo finale non sia esattamente alla portata di tutte le tasche. Ma nel nostro caso è diverso.
Protagonista è la Matra, Casa che a fine anni ’60 capì che doveva fare qualcosa di concreto. Sebbene i risultati nelle competizioni sportive fossero notevoli, le vendite delle vetture stradali non andavano un granché, e così i vertici del marchio capirono che bisognava trovare una sostituta per la 530 , purché con un’ampia riduzione delle risorse necessarie.
Jean-Luc Lagardère, allora direttore generale, cercò quindi il modo di abbattere i costi e lo trovò alleandosi con la SIMCA. Comunicando trovarono un punto d’incontro. Anche l’altro costruttore transalpino desiderava mandare in pensione la sua 1200 S, essendo ormai datata nella meccanica. L’accordo arrivo nell’estate del ’69 e da lì partì la lunga fase di progettazione. Il primo disegno della M540 arriverà nell’autunno 1970.
Per ridurre il più possibile le spese si optò per tenere come base la vecchia 530 e montarvi il propulsore 1,8 litri della Chrysler 180. Trattandosi di un’unità piuttosto ingombrante, si rese obbligatorio il ripensamento di buona parte del posteriore. Compreso che sarebbe stato troppo oneroso il piano M540 tramontò a favore dell’M550. Qui si decretò che la carrozzeria della coupé sarebbe stata realizzata in vetroresina, e che a dispetto del look sportivo le componenti meccaniche avrebbero dovuto essere di serie. Per il motore decise per l’1.3 litri già presente sulla SIMCA 1100 TI e per i sedili, che sarebbero stati tre disposti in un’unica fila.
Promosso il programma l’auto prese corpo e i primi test vennero effettuati su strade comuni, come nel deserto del Marocco e sul ghiaccio della Lapponia. La presentazione si tenne a Talloires, in Francia il 14 aprile 1973. Per l’occasione venne anche svelato il nome ufficiale, come cui poi sarebbe stata messa in commercio: Bagheera, in omaggio alla pantera protagonista del Libro della Giungla. Semplice nelle linee, ma capace di attrarre l’attenzione colpì soprattutto per la sua anomale disposizione dell’abitacolo. Diversi i richiami alla tecnologia aeronautica, come i sistemi di areazione e la pulsantiera illuminate da strisce di fibre ottiche e non da lampadine.
Dotata di 82 cv, per poi passare a 84 dopo una prima revisione, riusciva a raggiungere 185 km/h. Interessante la scelte del cambio manuale a sole 4 marce. Resa disponibile in due allestimenti prevedeva un esborso di 24.670 franchi e 26.550 franchi. Sottoposta a diversi aggiornamenti, uscì definitivamente di scena nel 1980 diventando patrimonio nella memoria dei soli appassionati.