Il Governo si oppone al più radicale cambiamento che arriva dall’UE. L’agenda di Draghi è fondamentale per andare contro la decisione di Bruxelles.
Il 2035 si avvicina sempre di più e, con questa data, anche la deadline stabilita dall’Unione Europea – salvo cambiamenti dell’ultimo minuto – per l’addio alla vendita di automobili con motore termico in tutti i paesi parte della comunità. L’Italia naturalmente non fa eccezione, anche se con altre nazioni si è sempre opposta a questo drastico blocco ai motori tradizionali.
Infatti, assieme a Germania, Ungheria ed altri stati membri, il nostro paese si è prima battuto per far riconoscere l’utilizzo dei biocarburanti come una possibilità alternativa all’utilizzo dei soli motori elettrici. Sembra che non ci sia modo di bloccare questo processo, necessario per la tutela del clima, tuttavia, il procedimento di avvicinamento all’addio ai motori termici va quantomeno rivisto.
Questa è la linea che il Governo Meloni mantiene in queste ore, con un’importante notizia che riguarda una mozione interessante legata niente poco di meno che all’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ha passato proprio il testimone a Giorgia Meloni dopo le ultime elezioni. Il Governo avrebbe ripreso qualcosa dall’agenda dell’ex Premier.
Sarà il nostro Ministro per lo Sviluppo economico a presentare a Bruxelles un’istanza italiana riguardo la transizione ai motori non inquinanti che comprende tra le altre cose la richiesta di anticipare ai primi mesi del 2025 la revisione prevista per l’anno dopo che darà ai costruttori italiani e nel resto del continente un quadro generale sulle tappe con cui procederà l’addio ai motori termici, ovviamente progressivo e non immediato come si potrebbe pensare.
Stando al Governo però queste “tappe” non sono ben chiare e soprattutto non tengono conto del fatto che Stati Uniti e Cina sono decisamente avanti rispetto all’UE su questo punto rischiando di mettere in ginocchio l’industria automobilistica nostrana: “’insostenibilità del sistema industriale europeo, a fronte delle risorse pubbliche destinate dalla Cina e dopo, in maniera significativa, dagli Stati Uniti, alle proprie imprese. La politica europea è mal fatta, perché del tutto scollegata da una politica industriale” la protesta del nostro ministero.
Come sostegno a questa tesi, il ministro Urso avrebbe usato come fonte anche un capitolo di una lunga analisi – circa 400 pagine – dell’ex Premier Mario Draghi che ha scritto molto sulla competitività del settore dell’automobilismo europeo contro i grandi rivali mondiali; anche Draghi era convinto che senza una pianificazione precisa e chiara, questo progetto avrebbe rischiato di portare gravi conseguenze ai costruttori e alle aziende: basterà questo per convincere Bruxelles a rivedere il piano?