Gianni Agnelli, anni prima della sua morte, raccontò il rapporto con Enzo Ferrari, rendendo noti alcuni dettagli sull’accordo con il Drake.
L’Italia ha avuto un ruolo di primo livello nel mondo delle quattro ruote, specialmente nella seconda metà del Novecento, grazie alla guida di sapienti uomini che ci avevano reso un vero e proprio punto di riferimento a livello mondiale. Tra di loro, non possono mancare personaggi come Gianni Agnelli ed Enzo Ferrari, accomunati dall’amore per le auto e per il nostro paese, che hanno saputo condurre le loro aziende al vertice assoluto, primeggiando nei loro rispettivi campi.

Il Drake, nel 1947, fondò la Ferrari portando al debutto la 125 S, la prima di una lunga serie di mitiche auto che, ancora oggi, fanno battere i cuori dei fan. Per chi non lo ricordasse, i destini di Enzo Ferrari e dell’Avvocato si unirono dalla metà degli anni Sessanta, e nel 1969, la FIAT entrò in partecipazione con la casa di Maranello, occupandosi della parte industriale, lasciando la gestione sportiva al fondatore modenese. In una vecchia intervista concessa al “TG2 Dossier“, risalente al 1997, Agnelli parlò del suo rapporto con Enzo e dell’accordo che prese con lui.
Agnelli, le parole da brividi su Enzo Ferrari
Gianni Agnelli, riguardo ad Enzo Ferrari, utilizzò parole rimaste scolpite nella storia: “I rapporti personali iniziarono nel secondo dopoguerra, poi dal 1969 siamo diventati soci come FIAT. Prima i rapporti erano di riguardo e di rispetto verso quest’uomo che era stato prima di tutto un pilota, poi capo della Scuderia Ferrari e poi produttore di quest’automobile che, senza dubbio, aveva delle caratteristiche particolari apprezzata da tutti. Com’era Ferrari? Lui era un uomo fantasioso e prepotente, con una passione per la tecnica ed il nuovo, era un uomo avventuroso“.
Ad Agnelli venne poi chiesto se l’acquisto della Ferrari fosse un atto d’amore o un’opera utile a salvare il Cavallino: “Non la comprammo, entrammo in partecipazione con la Ferrari, dopo che Enzo aveva quasi venduto alla Ford. Lui ebbe un ripensamento e non lo fece, ed entrai io per aiutarlo. Facemmo un accordo, noi ci saremmo occupati del reparto industriale e delle vetture sportive, lui del reparto corse. Se abbiamo mai litigato? No, è difficile litigare con me, ma anche con lui, perché nel suo mondo era del tutto autocrate, era impossibile mettere il naso nel mondo delle corse. Avevo grande rispetto per una persona che faceva così bene il suo mestiere“.