L’ultima mazzata sulle famiglie italiane è decisiva: il caro carburanti a fine anno peserà come un macigno ma il governo per ora non si muove
Il vero tormentone dell’estate 2023? Non lo troverete su Spotify o sulle altre piattaforme musicali. Basta cercarlo ai distributori, ma quelli di benzina, perché il caro carburante ormai da giorni è diventato l’argomento clou nelle case degli italiani che temono nuove mazzate.
Il timore, assolutamente giustificato dal trend degli ultimi mesi, è che i prezzi della benzina e degli altri carburanti rimangano alti, anche senza ulteriori rincari, nei prossimi mesi. E la combinazione con la prima massiccia dose di tasse da cominciare a pagare da fine agosto rischia di provocare effetti devastanti nelle tasche degli italiani.
Dal governo c’è l’invito a non farsi travolgere da facili allarmismi e lo conferma l’ultima nota diffusa dal ministero delle Imprese e del Made in Italy, competente in materia. Alla fine della scorsa settimana, l’ultima rilevazione utile, per tre giorni i prezzi medi di gasolio e benzina sulla rete stradale e autostradale italiana risultavano stabili. Questo non significa bassi, ma bisogna accontentarsi.
In effetti la verde viaggia, con le medie regionali, tra 1,970 euro/litro in Basilicata e 1,921 euro/litro nelle Marche. In mezzo c’è tutto il resto, con Calabria a 1,967 euro/litro, Puglia a 1,964 euro/litro, Liguria a 1,964 euro/litro, Valle d’Aosta a 1,963 euro/litro e Trentino-Alto Adige a 1,962 euro/litro. E ancora Sardegna a 1,956 euro/litro, Sicilia a 1,940 euro/litro, Lombardia a 1,941 euro/litro, Emilia-Romagna a 1,943 euro/litro, Abruzzo a 1,943 euro/litro, Piemonte a 1,943 euro/litro, Toscana a 1,942 euro/litro.
Infine Friuli-Venezia Giulia a 1,942 euro/litro, Campania a 1,947 euro/litro, Molise a 1,946 euro/litro, Lazio a 1,935 euro/litro, Umbria a 1,934 euro/litro e Veneto a 1,931 euro/litro. Quindi non è un problema di differenze importanti tra Nord e Sud, almeno sui carburanti l’Italia è tutta allineata verso l’alto con picchi importanti e preoccupanti.
Succede ogni estate, è questa l’opinione più comune e in parte anche condivisibile. Ma quest’anno sta succedendo anche peggio, perché i rincari di inizio agosto non accennano a placarsi. Le cause sono molteplici, ma portano tutte nella stessa direzione.
Partiamo analizzando le cause che portano alla formazione del prezzo. Uno dei motivi è certamente la recente decisione dei maggiori Paesi produttori, a cominciare da quelli che fanno parte di Opec+ con l’Arabia Saudita in testa.
Hanno scelto di tagliare in modo unilaterale la produzione per sostenere le quotazioni del petrolio in una fase delicata dell’industria mondiale. Il 2030 e ancora di più il 2050 almeno sulla carta sono date cardine per la mobilità e per l’industria. Gli stati occidentali, ma non solo, hanno deciso politiche di decarbonizzazione che porteranno anche a nuove motorizzazioni, con l’elettrico che la farà da padrone e quindi le spese per i carburanti saranno minori.
In realtà però in Italia solo il 42% del prezzo finale della benzina è rappresentato dalla produzione industriale, quindi materia prima, costi logistici, commerciali e amministrativi. A questo si aggiungono i margini del gestore, che rappresentano solo il 10% per la quotazione finale del carburante venduto ai consumatori.
Il restano 58% della cifra dipende invece dagli imponibili statali, quindi tasse, Iva e accise. Considerando che l’Iva al 22% non si tocca e le tasse pure, nel mirino dei consumatori italiani rimangono le accise e il loro possibile taglio.
Un argomento che il governo Meloni conosce bene, perché le orecchio alla premier e a diversi ministri negli ultimi giorni sono fischiati parecchio. Ma non ci saranno tagli, inutile illudersi. Lo ha ribadito Adolfo Urso, titolare del ministro delle Imprese, spiegando che quelle risorse saranno utilizzate per il taglio del cuneo fiscale.
“La riduzione delle accise da marzo del 2022 a dicembre dello stesso anno – ha spiegato il ministro – è costata oltre 9 miliardi di euro, quanto il reddito di cittadinanza. Inoltre il prezzo industriale della benzina, depurato dalle accise, è inferiore rispetto ad altri Paesi europei, come Francia, Spagna e Germania”.
In effetti al momento in testa alla classifica per i prezzi medi in Europa c’è l’Islanda con 2,142 euro al litro, seguita dall’Olanda con 2,067 euro, e dalla Norvegia con 2,039 euro al litro. Quest’ultimo Paese però già da tempo ha attuato una profonda rivoluzione nella sua mobilità puntando sull’elettrico a larga scala. L’Italia è solo al sesto posto con 1,937 euro al litro mentre la Francia è all’ottavo posto con una media di 1,894 euro al litro e la Germania nona con 1,855 euro al litro.
Tutta questa però è pura teoria, perché i conti si fanno nelle tasche degli italiani, sempre più in difficoltà ad affrontare certe spese. Parliamo delle famiglie, che hanno affrontato il periodo di ferie ma ora sono pronte e ricominciare pensando anche ai milioni di studenti che torneranno a scuola da metà settembre.
Ma parliamo anche di molti settori produttivi che con i trasporti vivono, dall’agricoltura all’industria. In Italia il trasporto su gomma e non su rotaia è largamente utilizzato e non ci sono in vista cambiamenti di abitudini. I rincari dei carburanti quindi andranno ad incidere su tutto quello che sarà la nostra spesa quotidiana.
I conti lo ha fatti Assoutenti, calcolando in concreto quanto costerà il caro benzina. Una cifra pari a 10,7 miliardi di euro, a causa dei costi diretti e indiretti. Significa quindi per ogni famiglia una spesa maggiore di 417 euro in più all’anno. Tutto questo mentre lo Stato ha incassato 2,27 miliardi di euro grazie ad accise e Iva sui carburanti.
Come nascono queste cifre? Rispetto ai prezzi medi nazionali praticati sulla rete a maggio 2023, spiega Assoutenti, la benzina costa +13,2 centesimi al litro e quindi +6,6 euro a pieno. Invece il gasolio è aumentato di 17,7 centesimi al litro, quindi 8,9 euro a pieno. Questo significa almeno 232,5 euro all’anno a famiglia per i rifornimenti. Poi però c’è il peso del caro carburanti, pari al +0,6% sul tasso di inflazione. Quindi peserà sulle famiglie italiane per altri 4,75 miliardi di euro.
A tutto questo si aggiungono gli esposti presentati dal Codacons a 104 diverse Procure italiane. L’associazione chiede di intervenire sui rincari aprendo un’indagine per verificare un possibile aggiotaggio e se ci siano dietro manovre speculative.