Autobianchi Bianchina, la macchina di Fantozzi, rappresenta per tutti gli appassionati di automobili un oggetto quasi mitico. La vettura, infatti, accompagnava nelle sue surreali vicende il bistrattato ragionere rappresentando un vero spartiacque per questa piccola auto. Prima, era la versione di lusso della Fiat 500. Dopo, è stata solo, ingiustamente e in modo fuorviante, la macchina di Fantozzi.
Autobianchi Bianchina famosa grazie a Fantozzi (e non solo)
L’Autobianchi Bianchina fu il primo modello prodotto dalla casa di Desio come marchio autonomo. La società fu infatti fondata nel 1955 scorporando la divisione automobili della Bianchi, l’importante azienda produttrice di biciclette. Nel capitale entrarono come soci alla pari Fiat e Pirelli. La Bianchina fu concepita fin dall’inizio come una versione più spaziosa, elegante e accessoriata, nonché costosa, della Fiat 500. I piani di produzione furono paralleli: a Mirafiori si sarebbe costruita la 500 in grande serie; a Desio la Bianchina in numeri limitati. Entrambe apparvero sul mercato nello stesso anno, il 1957, la 500 a luglio e la Bianchina a settembre. I due modelli condividevano telaio e meccanica. Quindi motore bicilindrico inizialmente da 479 cc, in seguito salito a 499,5. Analogamente la potenza fu di 15 cavalli, per salire a 22 nelle successive evoluzioni. Come la cugina torinese progettata da Dante Giacosa, anche la Bianchina era una “tutto dietro”, nel senso che aveva un motore posteriore a sbalzo e trazione posteriore. Le sospensioni erano a ruote indipendenti e balestre trasversali su entrambi gli assi.
I punti in comune, però, si fermano qui e le differenze dalla 500 diventano più di quel che sembrano. A cominciare dalla carrozzeria, che per la Bianchina fu disegnata da Luigi Fabio Rapi. Lo stile era figlio di quegli anni e richiamava suggestioni americane. L’abitacolo poteva ospitare quattro persone (in realtà 2+2, dietro ci stavano solo due bambini o i bagagli), elemento che fu invece il grosso limite della 500, almeno nei primi anni. Anche gli interni della Bianchina erano molti diversi, lontani anni luce dal modello a marchio Fiat. Ne furono prodotte subito due versioni, la Bianchina Berlina con tetto rigido e la Bianchina Trasformabile con tetto apribile in tela che, arrotolandosi, faceva sparire anche il lunotto.
Un’auto nata chic e destinata a pochi
Inoltre il fatto di poterla acquistare in 30 rate mensili di circa 20.000 lire costituì un vantaggio non da poco. La Bianchina non doveva essere un’auto per tutti ma per chi aveva una certa disponibilità economica; la seconda auto per una famiglia benestante, una vettura nata chic. Chi poi poteva o voleva acquistarla in contanti, doveva sborsare 565.000 lire, circa il 15% in più della 500. Nonostante il prezzo più alto, fu subito un successo. Nel primo anno la Bianchina vendette 11.000 esemplari; andò molto meglio della 500, giudicata invece troppo costosa per il pochissimo che offriva, e per questo sottoposta immediatamente a modifiche importanti.
A Desio invece il commendator Giuseppe Bianchi e il suo top manager Ferruccio Quintavalle erano felicissimi. Vennero così moltiplicate le versioni. Arrivarono la Bianchina Cabriolet e la Bianchina Panoramica (veicolo commerciale derivato dalla Fiat 500 Giardiniera). Il modello fu prodotto fino al 1969 in oltre 300.000 esemplari. Un vero successo. Una volta comparsa nel film, però, ecco che divenne principalmente riconosciuta come la bistrattata macchina di Fantozzi. L’Autobianchi Bianchina, prima che la macchina di Fantozzi, non era altro che l’antesignana delle city car premium, apprezzata per il comfort e il design, in particolare dalle donne. Per fare shopping in modo elegante, in città non ancora diventate nemiche dell’automobile.