Quando l’Alfa Romeo osò sfidare i giganti del fuoristrada creando un mezzo che ancora oggi fa sognare gli appassionati.
Milano, primi anni ’50. Le ferite della guerra sono ancora fresche e lo stabilimento del Portello porta i segni dei bombardamenti. Ma è proprio in questo momento che l’Alfa Romeo decide di stupire tutti. Il Ministero della Difesa cerca un nuovo fuoristrada per l’esercito e il Biscione, invece di restare a guardare, accetta una sfida che sembra impossibile.
D’altronde, chi si aspetterebbe un fuoristrada da chi ha sempre creato eleganti berline e potenti auto sportive? La voce che la Fiat stia preparando la sua Campagnola accende ancora di più gli animi negli uffici milanesi.
Un gioiello chiamato “Matta”
L’ingegner Giuseppe Busso riceve carta bianca per il progetto. Niente limiti di budget, solo un obiettivo: creare qualcosa di straordinario. Nasce così la 1900 M, che si guadagna subito il soprannome di “Matta”. E non per caso. Durante una dimostrazione, questo incredibile mezzo si arrampica sulla scalinata della Basilica di Assisi come se fosse una normale strada asfaltata. “Questa è proprio matta!”, esclama un dirigente, e il nome resta.
Busso studia attentamente la Land Rover 80, il riferimento dell’epoca. Ma non si limita a copiare. Prende il potente motore della 1900 da 90 cavalli e lo inserisce in un telaio completamente nuovo. Ogni componente viene progettata da zero: trasmissione, sospensioni, sterzo, cambio. Un lavoro certosino che trasforma questo fuoristrada in qualcosa di unico nel panorama mondiale.
Nei test militari, la “Matta” stupisce tutti. Sembra non conoscere ostacoli: attraversa fiumi, si arrampica su pietraie, affronta il fango come se fosse asfalto. All’Autodromo di Monza, il campione del mondo Nino Farina la porta in pista tra gli applausi del pubblico. Un momento magico che dimostra come questo fuoristrada abbia nel DNA lo stesso spirito sportivo delle altre Alfa.
Ma la storia prende una piega inaspettata. Nonostante le prestazioni superiori, l’esercito sceglie la Campagnola. Il motivo è puramente economico: 1.935.000 lire contro 1.600.000, più costi di gestione più elevati. La produzione continua in versione civile a Pomigliano d’Arco, con esemplari che si distinguono anche nelle competizioni. La “Matta” diventa persino l’auto ammiraglia di Fausto Coppi al Tour de France del ’52.
Nel 1955 cala il sipario su questa straordinaria avventura. Bisognerà aspettare il 2017 e la Stelvio per rivedere un’Alfa Romeo a ruote alte. Ma il confronto non regge: la “Matta” era un’altra cosa, un vero fuoristrada costruito pezzo per pezzo con passione artigianale. Era la dimostrazione che quando l’Alfa Romeo decide di osare, sa sempre lasciare il segno, anche lontano dall’asfalto.